Tecniche Cinematografiche

“OLANDESE”

di Marco Rosati

Esistono vari modi per inquadrare una situazione ed ognuno di questi è catalogato con un proprio nome. Si dividono per profondità di campo, per grandezza del ritaglio, per movimento, per identità di soggetto, punto di vista ed altre caratteristiche. Certamente un tipo di taglio particolare è il Dutch Angle in italiano noto come Olandese. Pare che in Italia ci sia stata tramandata con il nome di Olandese per un errore di battitura. Per i francesi è chiamato Plan Debulle (piano fuori bolla) ed è anche noto con il nome di “Batman Angle” per la serie televisiva su Batman trasmessa dal 1966 al 1968 che faceva continuo uso di questa inquadratura. Il nome originale invece deriva dai pionieri avanguardisti tedeschi agli albori della storia cinematografica: ne è attribuito il primo utilizzo a Robert Wiene per il suo “Das Cabinet Des Dr. Caligari” (1920)  e ne troviamo ampio uso anche nell’importante “Chelovek S Kino-apparatom” (Dziga Vertov, 1929).

L’utilizzo proveniva dallo stile alterato dell’espressionismo tedesco che modificava così il punto di vista dello spettatore, oltre a trucchi marcatamente espressivi e luoghi deformati. La caratteristica dell’Olandese è l’inclinazione diagonale verso un lato. Spesso la si nota nel cinema moderno in soggettive di personaggi che hanno la testa reclinata. Ha invece una evidente collocazione espressionistica quando non è lo sguardo di un personaggio ma una decisa e voluta scelta di punto di vista fotografico e narrativo, perché comunica una distorsione, una situazione particolare, una evidenziazione autoriale. Serve quindi a far riconoscere allo spettatore l’equilibrio precario o particolare della situazione narrata ponendo un particolare punto di vista. Provoca un senso di vertigine ed è una chiara scelta espressiva, lontana dal semplice movimento di cinepresa usato per fingere un terremoto o una barca galleggiante. Si tratta di un momento di terremoto emotivo in una situazione o di un personaggio, come nel “Meshes Of The Afternoon” di Maya Deren (1943). A volte vera e propria scelta stilistica, spesso a macchina da presa fissa. Esempio storico che è uno sfoggio di tecniche è certamente “Citizen Kane” (Orson Welles, 1941) dove l’angolatura eleva l’importanza del soggetto e ne conserva l’ambigua atipicità, usandola anche da varie altezze.

La troviamo poi in buona parte del cinema noir, ben  adatto alle sue atmosfere (vedi “The Maltese Falcon” – John Huston, 1941), utile nel descrivere immediatamente un personaggio o una situazione sospetta; ugualmente al cinema di suspance tanto caro ad Alfred Hitchcock che adopera spesso questa angolatura, vedere ad esempio “Vertigo” (1958), “Psycho” (1960), “The Birds” (1963).  E’ una inquadratura adatta per un tipo di cinema che può diventare eccessivo, stravolgente, fuori dal comune, e nel  genere horror trova facile sviluppo: “Bride Of Frankenstein” (James Whale, 1935) già sfruttava questo potenziale, mentre “The Evil Dead” (Sam Raimi, 1981) ne fece ottimo utilizzo anche a partire dalla storica locandina.


E’ l’angolo perfetto per inquadrare dal basso verso l’alto concedendo una angolatura che permette una migliore visione totale, ma trova perfezione nei personaggi bizzarri, nelle situazioni disturbanti o rocambolesche situazioni, come nel mondo cinematografico di Terry Gilliam, che spesso e volentieri concede questo punto di vista: nella sua filmografia si trovano molti esempi: “Brazil” (1985), “The Fisher King” (1991), “Twelve Monkeys” (1995), ”Fear And Loathing In Las Vegas” (1998), “Tideland” (2005).  Altro autore è Oliver Stone specialmente dove ha potuto osare di più, come nelle psichedelie di “The Doors” (1991), nei momenti drammatici di “JFK” (1991), negli eccessi di “Natural Born Killers” (1994) e “U-Turn” (1997). Personaggi eccessivi, situazioni particolarmente emotive, anche nel cinema di Danny Boyle: “Trainspotting” (1996), “The Beach” (2000), “28 Days Later” (2002), “Slumdog Millionaire (2008), “Steve Jobs” (2015). Un utilizzo espressionista che ricorda gli albori di questa tecnica è il modo che ne fa uso Tim Burton, dal fantasioso “Beetlejuice” (1988) alla favola di “Edward Scissorhands” (1990) fino al classicismo di  “Ed Wood” (1994), riuscendo a restituire il senso grottesco ed espressionista di una tale deformazione visiva.  Non può mancare poi  Brian De Palma, tecnico per eccellenza, che ne consegna il lato comunicativo grammaticale, accompagnando lo spettatore a riconoscere istintivamente che qualcosa sta per succedere ogni volta che appare quella angolatura: vedere “Dressed To Kill” (1980), “Blow Out” (1981), “Raising Cain”  (1992) e specialmente “Mission Impossible” (1996).

Anche nei film di Jonathan Demme troviamo spesso questa tecnica, pur essendo meno sperimentale rispetto ai colleghi presi ad esempio precedentemente; ne fa uso in classici come  “The Silence Of The Lambs” (1991), ”Philadelphia (1993), “The Manchurian Candidate” (2004). E’ un punto di vista molto usato anche nel fumetto e nel manga per descrivere momenti particolari dell’umore, ma soprattutto in ambiente fantasy dove l’immagine così distorta crea movimento, oppure epicità a scene d’azione o per personaggi importanti. Nelle trasposizioni cinematografiche lo stile rimane: dai voli di “Superman” (Richard Donner, 1978), alle situazioni grottesche e cupe di “Batman” (Tim Burton, 1989),  dalla velocità di “Iron Man” (Jon Favreau, 2008), alla  divinità di ”Thor” (Kenneth Branagh, 2011).

Controproducente invece l’uso eccessivo: uno che ne ha pagato le spese è certamente Roger Christian che in “Battlefield Earth” (2000) pare non aver fatto altro che mostrare sempre dal punto di vista dell’Olandese, risultando eccessivo e ripetitivo da parte della critica e del pubblico. Rischiò anche Carol Reed che ne fece un abuso in “The Third Man” (1949) e leggenda vuole che la troupe, a fine riprese, gli regalò una livella simbolica e scherzosa. Tanti invece gli esempi positivi cinematografici che passano da ogni genere: “Staroe I Novoe” (Sergej Michajlovic Ejzenstejn, 1926), “Faster! Pussycat! Kill! Kill!” (Russ Meyer, 1965), “Night Of The Living Dead” (George A. Romero, 1968), “Milano Calibro 9” (Fernando Di Leo, 1972), “Profondo Rosso” (Dario Argento, 1975), “Evil Dead 2” (Sam Raimi, 1987), “Die Hard” (John McTiernan, 1988), “Do The Right Thing” (Spike Lee, 1989), “Nightmare Before Christmas” (Henry Selick, 1993), “Casino” (Martin Scorsese, 1995), ”Sleepy Hollow” (Tim Burton, 1999), “Snatch” (Guy Ritchie, 2000),  “Harry Potter And The Philosopher’s Stone” (Chris Columbus, 2001), “Kill Bill: Volume 1” (Quentin Tarantino, 2003), “Batman Begins” (Christopher Nolan, 2005), “Transformers: Revenge Of The Fallen” (Michael Bay, 2009), “A Serious Man” (Joel ed Ethan Coen, 2009), “127 Hours” (Danny Boyle, 2010), “The Theory Of Everything” (James Marsh, 2014).