Persone

LA SUA CIFRA STILISTICA

di Luigi Santagostino

Giampiero era per me un fratello. Siamo arrivati al C. C. Milano nel 1968, cosi fino alla sua chiusura lavoravamo insieme alla realizzazione dei film girati principalmente in 8mm. Lui aveva un’attrezzatura di prim’ordine Bolex Paillard, molto bravo nel montaggio e sonorizzazione ha vinto diversi premi. I suoi film più noti ricordo “A ruota libera”, “Monocinema” e tanti altri. Ha insegnato alla Scuola di Cinema del Comune di Milano sotto la direzione di Massimo Maisetti. Giampiero ha frequentato vivacemente il Club e realizzato alcuni film minori prima di esplodere nella seconda metà degli anni settanta. La sua attività di provetto filmmaker gli ha portato un lavoro come insegnante nella Scuola di Cinema del Comune di Milano. Inquadrare la personalità di Pozzoni e il suo cinema in cui certamente si identifica non è facile perché Pozzoni è un “artista” (originale pittore e ottimo fotografo) senza dimenticare che si porta dentro anche uno spiritaccio milanese nella sua via Paolo Sarpi e come tale è estroso, irrequieto, bizzarro ma fondamentalmente sensibile ed umano. Qualcuno nelle critiche dei suoi film ha “definito” cinema confessione la sua cifra stilistica.  Infatti in “A ruota libera” (1975) e in “My sweet Haze” (1976) si percepisce la ricerca di un parziale senso esistenziale perché alle immagini l’autore aggancia pensieri, riflessioni, si pone domande. Cosa altro se non confessioni indirette? Per poi sfociare nel 1978 (“Monocinema”) in confessione esplicita. Pozzoni si piazza solo in una stanza davanti alla cinepresa su cavalletto e lì racconta, ricorda, riflette, scherza, si immalinconisce, rivede scene del suo percorso di vita. “A ruota libera” e “Monocinema” sono stati primi premi a Montecatini ed hanno avuto critiche e giudizi molto lusinghieri.

Ora vive in una sua Caprera con varietà di animali e ogni tanto ci manda lettera filmata e lo stile è sempre lo stesso.