“M’ARREGORDU” ovvero come si possa elaborare la memoria storica in un video amatoriale.
di Pio Bruno
LA GENESI DEL FILM
Probabilmente l’idea di contribuire in qualche modo al recupero della memoria dei sopravvissuti alle terribili esperienze dei bombardamenti anglo-americani su Cagliari nel 1943 mi era venuta in mente quando, il 12 maggio 2014, elaborai e organizzai una serata per il Cineclub FEDIC Cagliari, che dirigo dal 2011, proprio dal titolo “M’arregordu”, ardita citazione del più illustre “Amarcord” felliniano (il significato è lo stesso: “mi ricordo”, in romagnolo nel film del grande regista, in sardo-cagliaritano nel mio caso) durante la quale proiettai due lavori su quei tragici eventi: il primo, di Antonello Zanda (“Cagliari e la guerra“) basato su eccezionali filmati d’epoca, il secondo di Enrico Pau e Andrea Lotta (“Due destini“), drammatica testimonianza di un cagliaritano, e fu in quella occasione che udii in sala i ricordi di un socio del Cineclub, Sergio Lissia, che dopo le proiezioni fece un racconto da brividi di quei drammatici eventi vissuti in prima persona quando aveva appena 9 anni. Non lo dimenticai. Qualche mese dopo accettai la proposta del direttore della Cineteca Sarda, Antonello Zanda, di intervistare Piero Pintor, un anziano cineamatore della “vecchia guardia” Fedic, sulla sua storica partecipazione ai primi incontri del Cineclub sin dagli anni ’50 e, dato che quando lo accompagnavo alle serate che organizzavo mi raccontava spesso le sue esperienze durante il ’43, anno in cui era già diciottenne essendo nato nel 1925, ci sembrò opportuno provvedere a raccogliere in un’intervista anche i suoi ricordi dei bombardamenti. Non se ne fece niente poiché, nel 2017 l’ultra novantenne Piero Pintor purtroppo scomparve, e il progetto terminò ancor prima di iniziare.
Nel 2018, dopo aver realizzato la fiction “Le collier” assieme a Tore Iantorno Asta, fotografo nonchè autore di corti e videoclip professionali e socio FEDIC sempre disponibile a collaborare con me e con altri soci, inizio ad accarezzare l’idea di intervistare Sergio Lissia, in particolare sentendo i racconti di un altro testimone del ’43, quelli dell’anziano socio Franco Melis, classe 1932, che mi faceva quando accompagnavo anche lui alle serate del cineclub, e allora capisco che devo muovermi velocemente e con la collaborazione tecnica di Tore per le riprese, decido di realizzare un video basato su tre interviste per registrare i ricordi di Sergio, di Franco (del quale riuscirò a cogliere solo in parte gli ultimi barlumi di memoria e che, ahimè, ci lascerà 4 giorni prima della proiezione pubblica) e della madre di un’amica, Alina Dettori. Così, tra il novembre 2018 e il febbraio del 2019, anche con l’aiuto di un mio ex alunno appena diplomato, giriamo circa 5 ore di interviste, condotte secondo un’idea ben precisa che mi ero andato formando nel tempo, per un video che avrebbe avuto come titolo proprio “M’arregordu”.
Passeranno però altri due anni prima di iniziare il montaggio, essendomi nel frattempo impegnato nella realizzazione di un altro video (“ELISIR (ajò!)”) e successivamente bloccato dalle conseguenze della pandemia che nel 2020 scombussola ulteriormente i miei piani. Così le interviste rimangono quasi due anni nel cassetto, poi nel gennaio 2021 mi decido finalmente a riprendere in mano il girato e dopo circa quattro mesi di duro lavoro notturno, tra incombenze famigliari, lavoro scolastico e tamponi, tra mascherine e vaccini, il film vede la luce.
L’IDEA ALLA BASE DI “M’ARREGORDU”
Esistono diversi documenti video che, in modi più o meno diversi, hanno raccolto le testimonianze di coloro che i bombardamenti su Cagliari li hanno vissuti sulla propria pelle, testimonianze assolutamente preziose, e penso prima di tutto a “il ’43 con S.Efisio” a cura della giornalista della RAI regionale Maria Piera Mossa che verso la metà degli anni ’80 divulgò i muti ma eloquenti filmati del cagliaritano Marino Cao, girati di nascosto il 1° maggio di quell’anno terribile durante la commovente processione della statua di S.Efisio piazzata su un autocarro che si faceva strada tra le macerie delle vie cagliaritane (immagini poi riutilizzate da Enrico Pau per il suo film “L’accabadora” del 2015); ma penso anche ad altri filmati elaborati da Giovanni Columbu, Davide Mocci e autori sardi magari meno noti.
E allora quale l’idea che mi ha spinto a realizzare questo documento video? È vero, i fatti storici sono oramai noti e quindi “M’arregordu” apparentemente non dice niente di più di ciò che si considera già noto, e difatti non era questa la mia intenzione, fermo restando che comunque ogni testimonianza è sempre qualcosa di unico. Ciò che in particolare mi interessava non era una mera ricostruzione oggettiva degli eventi, ma intendevo invece porre una maggiore attenzione a quelle che erano le emozioni provate da alcuni bambini (e i tre testimoni nel ’43 avevano tra i 7 e i 9 anni) che avevano vissuto in quei drammatici anni. Ma non solo. Volevo anche tentare di cogliere, attraverso i particolari dei loro ricordi, l’abbozzo di un affresco della vita cagliaritana anche prima della guerra, quindi non soltanto durante i bombardamenti, e udire qualcosa di nuovo sullo sfollamento, evento comune a tanti casteddàius (cagliaritani in sardo) ma vissuto da ognuno in modo diverso, e infine ero fortemente curioso sul dopo, intendo il ritorno a Cagliari e il contatto con i soldati americani, con coloro cioé che qualche anno prima erano nemici e che, dopo aver distrutto la città, vi si erano installati come “alleati”.
Per raggiungere questo risultato ho voluto raccogliere, e mantenere nel montaggio, vari racconti di piccoli eventi quotidiani, certamente influenzato dai miei studi universitari quando, spinto da una forte curiosità, tramutatasi poi in passione, per la storia, sbocciata in effetti già dai primi anni del liceo, ebbi modo di studiare sui testi di alcuni storici francesi dell’École des Annales, Marc Bloch, Jacques Le Goff e in misura maggiore Georges Duby la cui scrittura mi aveva affascinato profondamente: avevo infatti scoperto un approccio alla storia che prendeva in esame non tanto i grandi eventi, ma essenzialmente i minuti aspetti della vita quotidiana, al fine di elaborare un affresco storico più completo e articolato del passato.
Quindi non un video “a tesi”, qui i buoni, là i cattivi, dato che nella vita di questi tre bambini la storia aveva nel giro di qualche mese mescolato le carte in tavola, tantomeno un video che lanciasse certezze sotto forma dei soliti slogan, ma un lavoro che esprimesse il mio desiderio di cogliere alcuni aspetti della vita famigliare di tre cagliaritani, attraverso i loro ricordi, il loro punto di vista di bambini, e che potesse far luce su alcuni dubbi e su alcuni momenti della storia cittadina rimasti in ombra, frutto di rimozioni e frettolosamente archiviati davanti all’impellente desiderio di riprendere a vivere una vita normale, in pace e tranquillità. E con lo stomaco pieno.
Un documento video, insomma, che stimolasse la riflessione su quei fatti oramai lontani nel tempo e, mi pare ovvio ed auspicabile, sul nostro (ahinoi) drammatico presente.
LA FORMA INTERVISTA
Ora, questo è un lavoro a marchio Cineclub FEDIC Cagliari, un video quindi che anche dopo che le luci della sala si riaccendono, dovrebbe continuare a vivere nei commenti e nello scambio di punti di vista tra soci e, come è infatti successo per la prima proiezione (maggio 2021) e per la seconda (maggio 2022), inevitabilmente in sala si è discusso sugli eventi raccontati, ma anche sulla forma, poichè, a proposito del marchio FEDIC, la cosa fondamentale per un cinefilo quale io mi ritengo d’essere, è quella di invitare lo “spettatore” a cogliere, al di là dei contenuti veicolati dal documentario, anche il modo, lo stile, con il quale è stato confezionato questo video. Un documentario storico infatti non è una banale finestra aperta su un determinato evento o periodo, ma è sempre il frutto di una particolare scelta stilistica dell’autore, che si tratti di un lavoro professionale, spesso legato a costrizioni commerciali e che non si discosta da usuali cliché, o di un lavoro indipendente o “amateur” che dir si voglia, come nel mio caso, per realizzare il quale si è totalmente liberi.
E allora vediamo, quale forma io ho voluto dare alle interviste, posto che da subito ho stabilito due criteri essenziali da seguire:
1) le domande poste agli intervistati dovevano essere identiche per tutti e tre;
2) io non dovevo essere inquadrato, nè la mia voce doveva essere udita fuori campo. In questo modo nel montaggio ho potuto tessere le voci di Franco, Alina e Sergio come fossero la trama di un unico racconto e anzichè rendere visibili le domande, opzione presa inizialmente in esame, ho organizzato le loro risposte per gruppi tematici evidenziati da un titolo introduttivo.
Diversamente da altri video che sono stati realizzati su questi argomenti, ho quindi cercato di evitare commenti espliciti, ponendo in risalto unicamente le voci dei tre testimoni, i racconti dei quali sono quasi sempre associati ai loro primi piani, ma soprattutto, mi preme sottolinearlo, ho voluto evitare facili e scontati commenti sonori come musiche cupe, malinconiche o allegre, generalmente finalizzate a “pilotare” occultamente le emozioni (o le opinioni) degli spettatori, modalità che invece viene non di rado utilizzata nei documentari storici “professionali”. Il video procede unicamente sul filo delle parole che formano un unico racconto, talvolta accompagnate dal prezioso supporto di foto d’epoca (foto originali il cui utilizzo mi è stato gentilmente autorizzato per la realizzazione di questo video), oltre ad alcune immagini (poster e vignette pubblicitarie d’epoca), inserite per contestualizzare visivamente nello spazio e nel tempo i racconti e dar corpo alla memoria.
Ho infine voluto aggiungere alcuni interventi sonori, da me rielaborati in post-produzione, non in modo didascalico ma come improvvisi stacchi, quasi sempre all’inizio di ogni gruppo tematico, per tentare di suggerire, in alcuni casi in modo brusco, quel clima drammatico così come, ho ipotizzato, poteva essere recepito dai cagliaritani nel ‘43.
Per concludere, se è vero che qualunque opera video va vista per intero e non a spizzichi e bocconi, così come la nostra vita frenetica e sincopata ci spinge purtroppo a fare, nel caso di questo mio documentario questa raccomandazione è doppiamente valida in quanto l’insieme possiede un andamento a climax che si perde in una visione “a puntate”: un inizio lento con graduale amplificazone in termini di drammaticità sino a un picco di tensione che si allenta poi velocemente per tornare a toni più morbidi e distensivi; in tanti, tra coloro che non l’hanno potuto vedere in sala, mi hanno candidamente confessato di averlo visto a pezzi (“tanto si tratta di un documentario, per giunta amatoriale…”). E probabilmente per le stesse tristi motivazioni, sono molti coloro che l’hanno visto sul telefonino. Peccato! Si perdono qualcosa per la cui realizzazione ho sudato sette camicie e il peggio è che non si rendono neanche conto di quanta mancanza di rispetto verso l’autore riveli tale barbara consuetudine.
AFTER HOURS
Dopo la prima proiezione ho voluto tentare la strada dei festival ed ho proposto “M’arregordu” a svariate competizioni nazionali e internazionali e in un anno ho raccolto alcuni buoni piazzamenti e menzioni speciali, soprattutto da parte di giurie di festival internazionali e dedicati a film indipendenti e “amateurs”:
– menzione speciale della giuria del festival Liberty Film Awards (USA), settembre 2021
– finalista al Stockolm City Film Festival (luglio 2021),
– quarter finalist al Mabig Film Festival di Augsburg in Germania (dicembre 2021)
– menzione d’onore all’Italy International Film Festival di Roma (dicembre 2021)
– premio Three Stars al BIAFF (British International Amateur Film Festival) di Birmingham (Marzo 2022)
– finalista all’Europa Film Festival di Barcellona (marzo 2022)
– award monthly winner al Varese International Film Festival(maggio 2022)
e questi risultati sono stati conseguiti anche grazie alla traduzione in inglese dei sottotitoli, necessaria oramai per poter partecipare a qualunque festival, effettuata, sul testo in precedenza da me sbobinato, da vari alunni del Liceo Linguistico “De Sanctis Deledda” di Cagliari (ove insegno), organizzati in due gruppi di circa 15 allievi ciascuno, come attività di PCTO in convenzione con il Cineclub FEDIC Cagliari e realizzata sotto la supervisione delle due docenti Francesca Puggioni (socia FEDIC) e Rossella Orione.
Alcune note (amare) finali: benchè non sia un capolavoro, con mia grande soddisfazione quest’ultima fatica ha avuto il plauso di tutti coloro che hanno assistito alle proiezioni in sala o che mi hanno richiesto il link per una visione casalinga e conservo gelosamente svariati messaggi che mi sono giunti con puntuali annotazioni di vario genere, anche tecniche, che mi hanno fatto capire di aver colto nel segno. Ora, il fatto di essere stato invece ignorato dai media locali non mi preoccupa, essendo oramai consuetudine che da qualche tempo stampa e TV mostrino attenzione esclusivamente a prodotti legati a politiche commerciali o selezionati sulla base del criterio che se hanno sostenuto un costo e ancor più se sono costati tanto, vengono considerati degni d’attenzione, altrimenti non vale la pena di prenderli in considerazione, e probabilmente è il caso di “M’arregordu”, realizzato a budget zero o quasi. Non mi preoccupa più di tanto neanche il fatto di non essere riuscito a trovare spazio in festival nostrani (nemo profeta in patria). Mi amareggia invece la quasi totale assenza di interesse da parte di una parte consistente di operatori dell’associazionismo, registi e cultori vari del cinema con i quali mantengo abituali e persino amichevoli rapporti, e questo lo trovo del tutto incomprensibile e ingiusto nei miei confronti: per il Cineclub che dirigo non ho mai lesinato attenzione nei confronti di qualunque opera mi venisse segnalata, professionale o amatoriale, e non è raro che mi sia impegnato in vere e proprie esegesi per lavori di perfetti sconosciuti poiché so quanto sia importante per un autore raccogliere un commento critico, positivo o negativo che sia. Ritengo infatti, e non a torto, che sia proprio la passione del cinefilo, il suo “sguardo” e il discorso che lo sostiene che permettono a qualunque opera di esistere, o perlomeno di continuare ad esistere al termine dei titoli di coda. Sia ben chiaro, non ho mai preteso e mai pretenderò che i miei lavori debbano per forza ricevere pareri positivi, e mi attendo anzi critiche e pareri negativi come feedback assolutamente necessario per capire io stesso il valore di ciò che creo. Non accetto invece il silenzio, quel vuoto dietro convenevoli e sorrisi che significa tutto e nulla allo stesso tempo, un silenzio immeritato e del tutto inatteso visto il contesto nel quale opero. Forse il mio video non si presenta con un esplicito messaggio politico? Be’, mi dispiace, ma per il sottoscritto è dall’analisi dei dati storici raccolti obiettivamente che ci si forma poi un’idea, e non il contrario, e in ogni caso mi chiedo se non sia meglio criticare un film dopo averlo visto anziché scansarlo a priori e far finta di niente limitandosi ai soliti vacui like e smile, o alla più tradizionale pacca sulla spalla.
M’ARREGORDU (75,00″ – 2021)
Ideazione, regia e montaggio: PIO BRUNO
Riprese: Tore Iantorno Asta
Intervento musicale al flauto traverso: Camilla Bruno
Collaborazione alle riprese audio/video: Lorenzo Sessa
Effetti sonori, sottotitolazione e animazione del titolo: Pio Bruno
Le interviste a Franco Melis, Alina Dettori e Sergio Lissia sono state realizzate tra novembre 2018 e febbraio 2019 e condotte da Pio Bruno. Oltre alle foto di famiglia dei tre intervistati, le immagini di Cagliari e delle conseguenze dei bombardamenti sono state gentilmente concesse dall’esperto Alessandro Ragatzu, dalla socia Pierluisa Castiglione (le foto originali della famiglia Mameli-Zara), da uno dei tre testimoni, il socio Sergio Lissia, e da Francesco Bloisi. Inoltre ho inserito alcune foto di famiglia, e diversi scatti da me appositamente effettuati.