VIAGGIATORI IN CERCA DI APPRODO
di Marcello Cella
“The passengers. Un viaggio verso un luogo chiamato casa”
di Tommaso Valente e Christian Poli
“Io sono il viaggiatore e viaggio e viaggio
viaggio attraverso i bassifondi della città
vedo le stelle venir fuori dal cielo
sì, il cielo splendente e vuoto
sai, sembra così bello stanotte
io sono il viaggiatore
io sto sotto il vetro
guardo attraverso la mia finestra così lucente
vedo le stelle venir fuori stanotte
vedo il cielo splendente e vuoto
sui bassifondi squarciati della città
e tutto è così bello stanotte”
Iggy Pop “The Passenger”
In Italia (e nel mondo) ci sono viaggiatori che hanno lasciato il luogo di partenza, sciogliendo gli ormeggi esistenziali che sono parte della nostra quotidianità, ma non sono ancora riusciti ad arrivare in un luogo in cui ricostruirli e il loro percorso assomiglia ad un salto nel vuoto. Un vuoto terribile, quello che costringe queste persone a definirsi “senza fissa dimora”, che si riempie solo di sofferenza, solitudine, violenza e disperazione. Quello dei senza fissa dimora è una realtà per la maggior parte di noi, cittadini ancorati agli ormeggi materiali che ci definiscono nel nostro mondo, invisibile. Ce ne accorgiamo spesso solo quando le persone che vivono sulla propria pelle questa drammatica situazione individuale e sociale diventano un problema di ordine pubblico o di decoro urbano. In Italia si calcola che siano circa 500.000 persone. Ma quali sono le loro storie, il loro vissuto? Che cosa ha determinato la loro sconfitta esistenziale, il loro scivolamento nel baratro di chi non ha più una casa? Il bel documentario “The passengers. Un viaggio verso un luogo chiamato casa” di Tommaso Valente e Christian Poli, presentato al recente Festival di Montecatini, cerca di dare una risposta a queste domande. Non per raccontare il problema dei senza fissa dimora, per fare sociologia, ma proprio per restituire a queste persone la loro dignità di esseri umani, protagonisti principali delle loro storie, raccontate in prima persona in modo estremamente diretto, senza filtri moralistici. Il documentario, realizzato nel 2021 e prodotto da Kamera Film, racconta infatti le vicende personali di alcuni beneficiari del progetto Housing First – Prima la casa, ideato e sostenuto da un consorzio di cooperative sociali del ravennate, prima fra tutte la cooperativa SolCo di Ravenna, seguendo le loro difficoltà, le sofferenze, ma anche le gioie, le piccole oasi di resilienza quotidiana, la solidarietà, ma anche i conflitti e, soprattutto la loro visione della vita e del mondo. Perchè, come in uno specchio, le loro parole, le loro storie raccontate con estrema delicatezza e sensibilità, ma anche con l’ironia leggera dei piccoli inserti di animazione che attraversano alcuni momenti del documentario, interrogano ciascuno di noi “normali” e ci inducono a riflettere sui nostri presunti valori umani e sul velo di ipocrisia che spesso li ricoprono nelle dinamiche sociali in cui siamo inseriti.
Ma che cos’è il metodo Housing First? “Il metodo Housing First è un modello di abitare sociale nato in Nord America che percorre una via diversa per l’accoglienza dei senza fissa dimora: Cioè quella di considerare la casa come punto di partenza e non di arrivo, come solitamente avviene. La casa è il primo, innegabile sostegno per gli homeless: si separa così l’abitare dagli altri fattori di emarginazione e di rischio. Un progetto Housing First punta infatti alla responsabilizzazione diretta dei partecipanti e ha l’obiettivo di ricreare un patto tra inquilini non referenziati (anzi, potenzialmente inaffidabili) e proprietari delle case, attraverso il superamento dei concetti di “carità” e “assistenza”, a vantaggio dei concetti di “fiducia”, “incontro” e “condivisione”” [1]. Quindi la casa come luogo degli affetti e della sicurezza individuale da cui ripartire, dopo aver curato le ferite della propria fragilità insieme ad altre persone ugualmente fragili per i motivi più diversi: la perdita del lavoro, una malattia, una separazione dolorosa, l’incapacità di essere sempre adeguati agli standard emotivi e materiali che la nostra società impone ai suoi componenti, ecc.
Sbaglierebbe però chi credesse di trovarsi di fronte a “The passengers” ad uno scontato documentario sociale pieno di retorica e buoni sentimenti. Il film di Tommaso Valente è invece un lavoro emozionante e poetico, dal montaggio sinuoso e delicato che riesce a far entrare lo spettatore nelle storie dei protagonisti quasi in punta di piedi, chiedendogli solo quella disponibilità all’ascolto dell’altro che i tempi frenetici del nostro quotidiano permette sempre meno, facendoci scivolare nell’indifferenza rispetto al nostro prossimo.
[1] Paolo Maoret “Viaggiatori della vita, verso un posto da chiamare casa”, EmilioDoc, n.6, 2021