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ESISTENZE IN BILICO – I Film di FEDIC REFF

di Marcello Cella

Se c’è un’immagine in grado di sintetizzare emotivamente e culturalmente la selezione di quest’anno di Fedic Reff presentata all’interno del Festival Cinematografico di Montecatini è quella della mamma orsa polare di “Migrants” che con il suo piccolo va alla deriva nell’oceano su una zattera di ghiaccio che si è staccata dal resto del ghiacciaio a causa del riscaldamento globale. Infatti tutti i film del Fedic Reff di quest’anno raccontano storie di un’umanità in bilico fra personali percorsi di sopravvivenza in un mondo sempre più incomprensibile e alla deriva di valori e obiettivi materiali. Come se, nonostante la diversa provenienza geografica delle opere, esistesse sottotraccia un identico fiume carsico emotivo che porta gli autori a riflettere sul significato della propria esistenza in un mondo dominato dai disvalori etici e materiali del tardo capitalismo occidentale.
E’ il caso del film sudanese “Al-Sit” di Suzannah Mirghani che racconta la storia di un gruppo di ragazzini che vive in una poverissima periferia cittadina, alle prese con i quotidiani stratagemmi per sbarcare il lunario.

Uno dei quali consiste nel raccogliere rame e altri metalli per scambiarli con i film in dvd che un venditore ambulante utilizza come moneta di scambio. I film, horror soprattutto, sono l’unico mezzo per evadere da una realtà sociale che lascia ben poco spazio alla speranza. Finché un giorno i ragazzini mettono l’occhio su un vecchio proiettore in pellicola che il venditore ambulante tiene nel suo furgone. E’ un bell’oggetto che affascina i ragazzi, i quali, raccolti i soldi con una fortunosa colletta, riescono ad affittare per vedere finalmente un film in pellicola, un film vero. Purtroppo il venditore ne ha solo uno, “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore, che i ragazzi non conoscono, ma di cui si innamorano, identificandosi nel piccolo protagonista della pellicola, così lontano da loro, ma in fondo così vicino. Bella metafora sociale sulla forza eterna del cinema.

Un’adolescente è anche la protagonista del film olandese “Stolen kisses” di Lidi Toepoel, premiato a Montecatini dalla Giuria Giovani. Amy va tutti i giorni a trovare la nonna che vive in una casa di riposo e gioca a carte con lei barando un po’ per ricevere doppia paghetta, sfruttando le capacità mnemoniche sempre più labili dell’anziana signora. Una innocente marachella che consente alla ragazzina di mettere insieme un piccolo gruzzoletto per le sue spese. Ma un giorno Runin, l’anziano signore di cui la nonna si è invaghita e con cui passa le sue giornate, viene spostato dai suoi familiari in un’altra casa di riposo, spezzando senza tanti complimenti il dolce idillio fra i due vecchietti. Colpita dalla tristezza della nonna, Amy decide di investire il suo gruzzoletto per farle incontrare di nuovo Runin. Un gesto dolcissimo che darà un momento di felicità alla nonna, anche se non potrà cambiare l’inesorabile passare del tempo e le sue conseguenze. Opera di grande intensità emotiva, sostenuta da una prova attoriale straordinaria della giovane protagonista.

Ancora un adolescente è il protagonista del norvegese “Popocorngutten”, favola nera e surreale, ma non troppo, che racconta la storia di Tom, un ragazzino che scopre di avere una dote bizzarra: quella di produrre pop corn ogni volta che starnutisce. E’ una cosa giocosa e divertente, ma un bieco uomo d’affari in bancarotta ne trae l’idea per tirarsi fuori dai guai finanziari sfruttando le bizzarre capacità di Tom nel produrre pop corn a costo zero. Compra il ragazzino dalla sua famiglia e, fedele alle regole del capitalismo più sfrenato, lo spreme fino allo stremo finché il ragazzino smette di produrre i pop corn e forse riesce a liberarsi dal suo feroce aguzzino. Anche se forse qualche altro ragazzino prenderà il suo posto in un altro paese lontano… Amara parabola sulle nefandezze del turbo capitalismo. A cui si ricollega in fondo anche il già citato “Migrants”, bellissimo cortometraggio d’animazione francese di cinque autori giovanissimi, Caby, Devise, Dupriez, Kubiak, Lermytte. A causa del riscaldamento globale mamma orsa e il suo piccolo, rimangono prigionieri su una lastra di ghiaccio alla deriva che, attraversando l’oceano, li porta in un paese lontanissimo dal loro, abitato da una tribù di orsi bruni per niente contenti di avere dei nuovi vicini. Da questo momento nasceranno conflitti e relazioni drammatiche o esilaranti fra i due orsi polari e i loro nuovi ospiti con cui dovranno imparare a convivere e a condividere le risorse disponibili nella foresta fino alla necessità di una nuova partenza a cui mamma orsa non sopravviverà. Mentre il piccolo orsacchiotto, naufrago sulla spiaggia, scambiato per un pupazzo di pezza, verrà portato via da una mano bambina. Metafora delicata e intelligente che unisce in un’unica riflessione il problema del riscaldamento globale con quello delle migrazioni, spesso causate proprio dalla crisi climatica, utilizzando con bella disinvoltura il linguaggio dell’animazione con i due orsi polari protagonisti, pieni di toppe e cuciture come se fossero fatti di materiale riciclato.

Infine, lo spagnolo “La Banyera” di Sergj Martì i Maltas, non può che riportare alla nostra memoria la frase cult di una celebre pubblicità di un telefono: “Una telefonata allunga la vita”.

E’ proprio il caso del protagonista Ramon che, mentre assapora gli ultimi minuti del suo suicidio preparato con meticolosità nella sua vasca da bagno, viene interrotto nel suo proposito mortale dalla telefonata di una ragazza che pubblicizza una assicurazione sulla vita. Dapprima infuriato, Ramon rifiuta ogni discussione, ma davanti all’ostinazione della ragazza e al racconto struggente della sua storia di lavoratrice precaria e di aspirante scrittrice, si incuriosisce sempre più fino a desistere dal suo proposito iniziale. E forse acquisterà anche una polizza sulla vita. Il tono da commedia svitata, un po’ alla Almodovar, non lascia passare però in secondo piano la riflessione sulla solitudine degli esseri umani nel nostro mondo così interconnesso, così social e in realtà così fragile.