Tecniche Cinematografiche

“DRONE”

di Marco Rosati

Il drone è un piccolo velivolo radiocomandato che mediante videocamera al suo interno può riprendere da ampie altezze permettendo la visione in diretta da parte dell’operatore che lo guida da terra.  L’utilizzo nasce per scopo militare ed ancora viene utilizzato, essendo di difficile intercettazione e con un vasto utilizzo, sia ricognitivo che di assalto (vedi ad esempio il film “Good Kill” – Andrew Niccol, 2014).  Essendo velivoli che non necessitano di pilota a bordo, possono trasportare esplosivi che successivamente possono sganciare sugli obiettivi, oppure inviare in diretta informazioni video, creare interferenze radio disinnescando dispositivi elettronici. Piccoli, veloci, difficili da abbattere. Nella società trovano ampio utilizzo edile ed in agricoltura per sondare le piantagioni e rivelare quali coltivazioni hanno necessità rispetto ad altre. Impiegato infine dalle forze dell’ordine per seguire persone e sondare territori. In campo artistico e come passatempo trovano fortunato utilizzo nel nuovo millennio,  diventando alla portata di tutti grazie ad uno specifico corso per il  ottenerne il patentino di guida.

Fino a poco tempo prima, l’unico modo per acquisire riprese aeree era mettendo l’operatore o la cinepresa su un velivolo, spesso un elicottero (vedi “Apocalypse Now” – Francis Ford Coppola, 1979), a volte per camuffare il punto di vista di uomini in volo (vedi “8 e ½” – Federico Fellini, 1963), lottando con le vibrazioni dovute dal veivolo o con le ombre sulla terra (vedi “Shining” – Stanley Kubrick, 1980). Il drone risulta invece molto stabile, così da offrire una vasta gamma di riprese, non solo da alte vedute, ma anche rasoterra o sui vari piani di inquadratura di un personaggio, in sostituzione di carrelli e steady cam, sia in esterni che in interni.

Come ogni mezzo tecnico anche i droni variano dal giocattolo al professionale, distanze colmate dal prezzo e dalla qualità di ripresa. Il peso della cinepresa posta al suo interno è bilanciato con il peso supportabile dalle eliche.  La loro grandezza può variare dalla misura di un piccolo aereo a quella di un oggetto tascabile. Deve trasportare il motore che alimenta le pale elicoidali, e la cinepresa che mandi segnale all’operatore, il quale controlla la ripresa da terra mediante manopole e schermo sul quale vede in diretta l’immagine, spesso utilizzando un telefonino portatile.

La ripresa è digitale non potendo per ovvie ragioni trasportare rulli di pellicola o altrettanto superati supporti dv, ma nulla lo vieterebbe. Permette ripresa da ampie altezze anche in base al prototipo usato: piccoli mezzi non possono arrivare ad altezze elevate, raggiungibili invece da droni maggiormente professionali. Le accortezze necessarie e basilari sono la velocità del vento ed i luoghi: le riprese aeree sono più soggette a questioni di privacy perché facilmente raggiungibili rispetto a riprese da terra, necessita quindi di un permesso speciale sorvolare aree riservate o classificate obiettivi militari.

La fluidità di ripresa è notevole ed una mano allenata può ricavare ottime riprese in movimento. Nel campo amatoriale il drone è diventato oggetto immancabile, offrendo il ludico piacere del manovrare un velivolo da terra e garantire riprese alternative e di ottima qualità. Di fatto nel lavoro del video maker ha trovato subito un ampio utilizzo per garantire nuovi punti di vista ed una qualità maggiore di operato. Ugualmente nelle grandi produzioni cinematografiche ha sostituito mezzi costosi e di impegnativa gestione: basti pensare al costo che deriva l’utilizzo di un elicottero, sia per il noleggio che il carburante, per ottenere qualche secondo di ripresa aerea mozzafiato. Al passo con i tempi quindi ne hanno approfittato sia gli autori che le produzioni, basti guardare i titoli di introduzione della nota serie televisiva “Twin Peaks – Season 3” (David Lynch, 2017)  che alla loro nuova attesissima stagione denotano subito un adattamento alle nuove tecnologie digitali, e quindi anche al drone, che percorre il fiume fino ad uscirne sulla cascata, oppure che plana alto fra i tronchi degli alberi, lontano oltre venti anni dalle statiche immagini della presentazione delle prime due serie degli anni novanta.

Visioni naturalistiche impensate fino a pochi anni prima, ottenibili facilmente da un piccolo strumento, hanno valorizzato i tanti documentari naturalistici (vedi “Planet Earth 2” – Jusitn Anderson, Ed Charles, 2016) garantendo splendide immersioni nella natura che non sarebbero state realizzabili con ingombranti elicotteri. Offre quindi interessanti soluzioni visive che trovano largo spazio in ogni tipo di produzione: in “Jurassic World” (Colin Trevorrow, 2015) la visione dall’alto pone lo spettatore accanto al volo degli pterodattili nel loro attacco sui turisti, aumentando così l’effetto di immedesimazione nello straniante punto di vista. Nel capitolo dell’orrore “Blair Witch” (Adam Wingard, 2016) il drone diventa oggetto di scena per i protagonisti che lo utilizzano per avere una visione ampia dal bosco in cui si sono perduti. Proprio il cinema horror adatto ai particolari effetti visivi ha un alleato nell’offrire riprese poste dall’alto, che nella grammatica fotografica sono presagio di un evento drammatico. Ed è nel genere horror che il drone, come oggetto, diventa protagonista nel film “The Drone” (Jordan Rubin, 2019) dove un drone acquista autocontrollo e diventa uno spietato assassino.

Altro genere cinematografico in cui questa tecnologia ha ottimi potenziali è certamente il cinema d’azione, che offre un potenziale di notevoli movimenti, veloci e fluidi, uniti ad un montaggio che usa vari punti di vista. Il risultato è una montagna russa che dal dettaglio di una ruota che corre su strada passa ad una ripresa aerea che segue l’azione.  E’ ciò che succede per esempio in “Skyfall” (Sam Mendes, 2012) dove il drone lo vediamo all’opera mentre in una sequenza ottimamente realizzata insegue il protagonista in motocicletta, oppure durante un non semplice duello sul tetto di un treno. Il drone è quell’elemento in più che offre una angolatura particolare posizionandosi là dove un operatore non potrebbe fisicamente collocarsi. In oltre l’apparecchio può essere impostato per seguire autonomamente un soggetto o un determinato percorso, così da disimpegnare il controllore o l’addetto alla camera.

Il cinema d’azione non è di moda in Italia, dove nelle grandi produzioni il drone viene usato esclusivamente per ampie inquadrature paesaggistiche o per esterni che inquadrino il totale di una abitazione (vedi “L’Amore A Domicilio” – Emiliano Corapi, 2019). L’ingresso nel mercato pubblico ha visto un moltiplicarsi di curiosi e professionisti video maker correre all’acquisto dell’oneroso patentino previsto con il corso d’istruzione.  Divenuto alla portata di tutti, si è ripetuto lo stesso evento che fu con le cineprese: ha avuto un apice che lo ha visto inflazionato in ogni piccola produzione di video amatoriali e cerimonie, troppo spesso senza che l’inquadratura dall’alto avesse un senso narrativo ma solo per pura spettacolarizzazione in contrasto a volte con la qualità sbilanciata delle riprese fisse o di movimenti a mano. Altri invece ne capiscono la necessità per la scena che devono creare e quindi catturano la piena potenzialità in pre produzione equilibrando notevoli riprese aeree unite ad ottimi filmati da terra.

Dall’inizio del nuovo millennio il drone è stato presente nella maggior parte delle produzioni e per citare alcuni evidenti utilizzi:  “The Da Vinci Code” (Ron Howard, 2006), “Balck Swan” (Darren Aronofsky, 2010), “127 Hours” (Danny Boyle, 2010), ”The Wolf  Of  Wall Street” (Martin Scorsese, 2013), “Fast And Furious 6” (Justin Lin, 2013), “Into The Woods” (Rob Marshall, 2014), ”Tranformers: Age Of Extinction” (Michael Bay, 2014), “The Expendables 3” (Patrick Hughes, 2014), “Chappie” (Neill Blomkamp, 2015), “Spectre” (Sam Mendes, 2015), “Captain America: Civil War” (Joe Russo, Anthony Russo, 2016), “The Eagle Huntress” (Otto Bell, 2016), “The Great Wall” (Zhang Yimou, 2016), “The Greatest Showman” (Michael Gracey, 2017), ”Drone” (Sean Bean, 2017), “Il Grande Salto” (Giorgio Tirabassi, 2019), “The Turning” (Floria Sigismondi, 2020).