CONVERSAZIONI DI CINEMA – L’ESPRESSIONE DELLA FORMA
a cura di Agostino Vincenzi
Osservare il mondo che ci circonda, e gli oggetti che lo compongono, significa sviluppare senso critico, domandarsi perché certe cose sono fatte in un modo e non in un altro, interrogarsi sempre sulle ragioni dei fatti che accadono. Questo renderci conto dei perché è ciò che noi chiamiamo «Percezione visiva».
La «Percezione» è la presa visione, è l’organizzazione dei dati sensoriali per mezzo dei quali si acquisisce «coscienza» degli accadimenti. Considerare tale fenomeno anche dal punto di vista dei suoi significati, aiuta a comprendere come essi continuino a «rispondere» a chi li osserva. Quindi, la visione non si «esaurisce», ma anche a distanza di tempo continua ad «interagire» con noi. Ci si può innamorare di un dipinto, di un oggetto o di una persona a prima vista e da quel momento si dà inizio alla frequentazione. Scopriremo allora, sempre meglio, che gli oggetti o le persone contenevano cose che non avevamo visto prima e ci diranno cose che non ci avevano mai detto. Ciò che rende visibile i significati della «Forma» è «l’Espressione». «L’Espressione» è la facoltà che le «Forme» singole o composte hanno di manifestarsi agli altri. E’ il linguaggio stesso. E’ il connubio di armonie che conferiscono efficacia e intensità alla rappresentazione, la qualificano e le danno valenza culturale.
«L’Espressione» rappresentata si può rielaborare, trasformare in una nuova rappresentazione, che nel linguaggio cinematografico, significa leggere la vita e interpretarla nella sua complessità. Si potrebbe non comprendere questa «trasformazione» perché la si può percepire come qualcosa che non si ritrova più. Ma la mancata «percezione» non dipende dalla «trasformazione», bensì dall’atteggiamento che, chi guarda, ha verso le cose. Nel film «Morte a Venezia» (1971) di Luchino Visconti, dove la perfetta ricostruzione delle atmosfere e le sensazioni di disagio, si «percepiscono» a tal punto da divenire «forma espressiva» per tutto l’arco del processo narrativo. La fotografia magistrale di Pasquale de Santis e la III e la V sinfonia di Mahler completano «l’emozione espressa» di questo capolavoro della cinematografia italiana.