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OSSESSIONE FEMMINILE

Cinema Preraffaellita

di Gianluca Castellini

Sedicicorto di Forlì ha organizzato al Circolo Aurora l’iniziativa “Ossessione femminile. Cinema Preraffaellita” con interventi di Gabriella Maldini, Barbara Meletto e Andrea Chimento.

I Preraffaelliti costituiscono un movimento artistico britannico nato nel settembre del 1848, famoso per la sua avversità verso gli standard accademici tradizionali. Il gruppo artistico fu fondato da Willima Hunt, John Everett Millais e Dante Gabriel Rossetti, tre giovani allievi della Royal Accademy, decisi a dar vita a una nuova forma di pittura. La Confraternita dei Preraffaelliti inizia ad ispirarsi a temi letterari, mitologici, biblici e medievali, alla ricerca di una connessione con la spiritualità, l’idealismo e la natura.

I fondatori sposano una filosofia volta al ritorno di una forma d’arte antecedente l’influenza di Raffaello Sanzio, dunque meno condizionata dall’accademismo rinascimentale. Attraverso l’uso di colori vividi, dettagli precisi e con temi improntati alla ricerca spirituale, creano opere emozionalmente intense. Il loro stile innovativo e romantico ha un impatto deciso sulla pittura dell’epoca e lascia un’eredità duratura anche nell’arte successiva.

La figura femminile è determinante ed incarna la purezza e la bellezza. Così, per i Preraffaelliti le donne sono raffigurate in maniera idealizzata, mistica e romantica.

I capelli sono spesso lunghi e fluenti, oppure raccolti in morbidi chignon. Gli abiti che si osservano sono ricchi e dettagliati, inoltre permettono al corpo di muoversi liberamente, senza essere oppresso dai corsetti. L’arte preraffaellita, in questo senso, riesce anche a cambiare i costumi delle donne.
Il più attivo ed influente artista del movimento fu Dante Gabriel Rossetti, nato nel 1828, che oltre a dipingere era anche un critico d’arte. Figlio dell’esule italiano Gabriele Rossetti di origine Abruzzese e della dama Frances Polidori.
Dopo le iniziali stroncature, fu il critico John Ruskin a decretare il successo del movimento nel 1851, scrivendo un sagio intitolato Preraphaelitism.

Il movimento Preraffaellita colpisce per l’ideale di bellezza femminile, caratterizzata ed identificata in particolare modo da 4 muse come Effie Gray che ritroviamo anche sul grande schermo nella pellicola del 2014 di Richard Laxton, Elizabeth Siddall, Fanny Cornforth, Jane Burden. Donne Angeliche, ma spesso complesse, con forte carattere. Donne che sono state figure al centro di situazioni amorose con i pittori preraffaelliti diventandone, compagne, mogli, amanti.

Donne che hanno ispirato opere pittoriche di grande valore stilistico, azzardandone visioni di estrema emancipazione e libertà. Per I preraffaelliti la figura femminile era diventata una ossessione che li portava ad un desiderio che andava oltre il semplice ingaggio artistico.

Ci siamo immaginati in una sorta di trasposizione parallela un fenomeno di preraffaellitismo legato al mondo del cinema, dove alcuni importanti cineasti, hanno posizionato al centro delle loro narrazioni, una figura femminile di grande fascino e carisma.

In questo gioco di specchi sono nate delle combinazioni parallele, dove troviamo il 25enne Luoise Malle a dirigere l’intrigante Jean Moreau in “Ascensore per il patibolo” (1958), in un intreccio di colpi di scena stratificato su più piani narrativi.

Nel 1944, il periodo d’oro del noir classico, il regista viennese Otto Preminger, emigrato poi  a Hollywood riesce a imporre la sua visione di donna conflittuale in “Vertigine” con protagonista l’affascinante Gene Tierney.

In “La mia droga si chiama Julie” (1969) François Truffaut, racconta il tentativo di  matrimonio per corrispondenza di Louis Mahé (Jean Paul Belmondo), che all’arrivo della futura sposa vede scendere dalla nave la splendida Catherine Deneuve.

In “Mullhound Drive” (2001) di David Lynch, troviamo quel desiderio tutto particolare che innesca curiosità, tensione, erotismo. tutto portato al limite dell effetto disturbante.

In sintesi abbiamo pensato come Cinema e Pittura, abbiano come centralità creativa la figura della donna, spesso controversa, ambigua, conturbante, e di grande fascinazione, tanto da ipnotizzare ancor prima del pubblico il regista che l’ha diretta. Un rapporto simbiotico che troviamo molto simile a quello della scelta di una musa da parte di un pittore che intende trasporre un sentimento più o meno sofferto. Un rapporto che si alterna tra seduzione e professionalità in un lungo e fragile confine tra attrazione e complicità.